Spettacoli

UN ESCHIMESE IN AMAZZONIA

teatrOltre

03 Maggio 2018

Teatro Sperimentale

- Posto unico numerato €10 Ridotto €8

THE BABY WALK
THEATER COMPANY
Trilogia sull’Identità – Capitolo III
UN ESCHIMESE IN AMAZZONIA

ideazione e testo Liv Ferracchiati
scrittura scenica di e con Greta Cappelletti, Laura Dondi
Liv Ferracchiati, Giacomo Marettelli Priorelli, Alice Raffaelli suono Giacomo Agnifili
produzione Teatro Stabile dell’Umbria, Centro Teatrale MaMiMò, Campo Teatrale, The Baby Walk
Progetto vincitore Premio Scenario 2017

Paul B. Preciado, filosofo e tra i più importanti esponenti di studi di genere e politiche sessuali, sostiene che la cosa importante sia opporsi alla standardizzazione che identifica come patologia quello che non si riconosce, tutto il resto non è che una tassonomia, un sistema di classificazioni. In altre parole dice che l’identità di genere, quindi il transgenderismo o il cisgenderismo, non sono poi così interessante.

Un eschimese in Amazzonia pone al centro il confronto tra la persona transgender1 (l’Eschimese) e la società (il Coro), fino ad arrivare al paradosso che l’Eschimese si stanca di raccontare se stesso. La società segue le sue vie strutturate e l’eschimese si trova, letteralmente, ad improvvisare, perché la sua presenza non è prevista. Il Coro parla all’unisono, attraverso una lingua musicale e ritmata, quasi versificata, utilizza una gestualità scandita, dando vita ad una società ipnotica, veloce, superficiale, a rischio di spersonalizzazione. La logica con cui si struttura il lavoro è quella del “link web”, il nonsense manovra le connessioni e la fruizione è fulminea, incoerente, non approfondita. Anche l’Eschimese è parte degli stessi stereotipi della sua contemporaneità, anzi nella sua stand up comedy è personaggio autentico proprio perché vive e rappresenta la propria inautenticità di abitante del Villaggio Globale. Si sforza di avere una visione soggettiva, ma anche la sua è, a ben guardare, infarcita di luoghi comuni e spersonalizzata. Il comico nasce anche dal mettere in rilievo quelle dinamiche che rendono l’essere umano marionetta, macchina, ovvero un essere sociale, un essere già giocato dalla cultura.

Un eschimese in Amazzonia è una citazione dell’attivista e sociologa Porpora Marcasciano che evidenzia l’incapacità della società di andare oltre il modello binario di sesso/genere, omosessuale/eterosessuale, maschio/ femmina e che quindi racconta la compromissione di uno di un percorso di vita che potrebbe essere dei più sereni e tranquilli. La ricerca dei materiali per questo progetto inizia nel 2013 e ha collezionato interviste a molti uomini transgender, studiosi, scienziati e persone qualsiasi che non ne sapevano nulla sull’argomento.

MOTIVAZIONI DELLA GIURIA Il confronto fra la persona transgender e la società fa propria la metafora dell’Eschimese in Amazzonia, alla quale lo spettacolo dà corpo e voce. Da una parte la presenza imprevista che sfida le regole e impone uno spostamento dello sguardo, raccontandosi con disarmante naturalezza. Dall’altra parte il coro ritmato e incalzante della collettività, che vuole risposte certe ed esprime nel meccanismo del link web il naufragio del pensiero. Un lavoro che colpisce per la scelta di una narrazione che rinuncia ai codici interpretativi per raccontare con ironia e delicata sfrontatezza una tematica alla quale aggiunge nuove risonanze.

TRILOGIA SULL’IDENTITÀ è il racconto di storie ordinarie in cui il transgenderismo non è l’unico centro. Trattare il tema dell’identità di genere significa interrogare la nostra natura di esseri umani e la nostra possibilità di essere liberi. La raccolta dei materiali per questo progetto inizia nel 2013 e siamo arrivati alla conclusione che la transizione è, prima di tutto, un percorso mentale verso la costruzione dell’identità di un individuo. I cambiamenti fisici, seppure fondamentali per alcune persone transgender, non sono il fulcro della questione e, a poco a poco, non sono più stati nemmeno il fulcro della nostra indagine. Andando avanti nel nostro percorso teatrale ci siamo accorti che non era poi così interessante nemmeno l’identità di genere, ma, per dirlo con le parole di Preciado, la cosa importante era opporsi alla standardizzazione che identifica come patologia quello che non riconosce. Il resto è una tassonomia, un sistema di classificazioni. Il materiale raccolto è stato ripartito in tre spettacoli, dando vita a tre differenti proposte di linguaggio: Peter Pan guarda sotto le gonne, mostra la parola come mancanza e incapacità di comunicarsi, Stabat Mater la innalza a strumento di rappresentazione e ricostruzione della propria identità, mentre in Un eschimese in Amazzonia diventa metafora della fragilità di qualsiasi forma scegliamo per noi stessi. [Liv Ferracchiati / TheBaby walk]