ideazione e regia Daniela Nicolò, Enrico Casagrande
con Stefania Tansini
ambienti sonori Demetrio Cecchitelli
suono Enrico Casagrande
luce Theo Longuemare
props e sculture sceniche _vvxxii
video Vladimir Bertozzi
grafica Federico Magli
produzione Francesca Raimondi
organizzazione e logistica Shaila Chenet
promozione e comunicazione Marta Lovato
distribuzione internazionale Lisa Gilardino
una produzione Motus con TPE / Festival delle Colline Torinesi
residenze artistiche ospitate da Lavanderie a vapore Torino,
Centro nazionale di produzione della danza Virgilio Sieni,
AMAT Marche
con il supporto di MiC, Regione Emilia-Romagna
Of the nightingale I envy the fate è un solo con la danzatrice Stefania Tansini; è la seconda performance adattabile anche a spazi non teatrali scaturita da Tutto Brucia, l’ultima produzione Motus ispirata a Le troiane di Euripide. Come You were nothing but wind con Silvia Calderoni, (sul divenire cane di Ecuba…) è un affondo sulla figura di Cassandra e sull’ “essere uccello”… È una azione coreografica di circa 45/50 minuti con il pubblico su due fronti lungo un tappeto, corridoio maestoso, quello su
cui verrà uccisa da Clitennestra, con Agamennone. Luogo di morte e di trasmutazione, con al centro una eclettica interprete come Stefania che, per le stupefacenti capacità mimetiche del suo corpo esile e acrobatico, è capace di incarnare delicatezza e violenza, vulnerabilità e aggressività animale.
Quando Cassandra compare sulla scena nell’Orestea a lei si relaziona inizialmente solo Clitennestra che parla con estrema lucidità e chiarezza: da subito è evidente la contrapposizione con il silenzio e poi la parola sconnessa e folle di Cassandra, che chiama con distanza “schiava e straniera”. Clitennestra usa nel dialogo aggettivi di disprezzo (barbara) e la paragona più volte a un animale (la rondine), quasi a sottolinearne l’appartenenza alla sfera dell’incivile, del selvatico, opposta al suo abile uso della parola. Anche il suo talento di profetessa è riportato alla sfera animale: riemerge infatti in forma esplicita anche quando il coro ribadisce che la ragazza è invasata dal dio (theophoretos) e pare un usignolo…
Corifeo
Sento che di ragione hai perso l’uso:
lugubre inno su te stessa canti
come un biondo usignolo che lamenta
“Iti, iti” la vita dolorosa.
Cassandra diventa così figura femminile della follia connessa con l’isolamento e la bestialità, viene definita con disprezzo in relazione al suo mutismo e a tutto ciò che sembra richiamare, per l’ aspetto incontrollato, incontrollabile e inquietante. Solo quando Clitennestra esce di scena, Cassandra prende voce e si anima, percorre scompostamente quel lungo tappeto rosso, che prima aveva attraversato con solennità Agamennone, in preda a un canto e una danza che sono sussulti, frammenti onomatopeici, lamenti, in un impasto indissolubile fra fisicità e voce, discorso… Poi dà inizio alla sua profezia di fronte al coro, con un lungo e lugubre monologo, da cui questo frammento:
Cassandra
Dell’usignolo io invidio la sorte,
gli dèi di ali lo hanno fornito
e di un canto dolcissimo che copre
ogni lamento, mentre a me il fato
ha riservato d’essere squartata
da una tremenda scure a doppio taglio…
E da qui evidentemente viene il titolo di questa performance, che traduce in azione scenica-visionaria questo tragico, ma anche catartico, momento, per mimesi e “tentativi di volo”, di abbandono del suolo terrestre, a cui invece è così tragicamente radicata Ecuba.
Of the nightingale I envy the fate sarà una potente e sciamanica azione liberatoria da un corpo e una voce imbrigliati dalla schiavitù e l’annichilimento del sistema patriarcale, in una foresta sonora di stridìi, grida, fischi, canti, gorgheggi, trilli, schiamazzi, sibili, gemiti di dolore e… gioia febbrile, dove la natura selvaggia invade prorompente ogni visione.
Ecco, immaginiamo una Cassandra finalmente usignolo, libera di esprimersi e denunciare nella sua lingua incompresa tutto il suo spregio per questo mondo di violenza e guerre perenni, rispetto al fluire pacifico della natura. Non a caso Cassandra rispetto al suo stesso futuro, invoca il ritorno delle Erinni e connette le immagini del passato con lo scorrere di fiumi, corsi d’acqua, alla fluidità e al fuoco, che continua a pervadere la sua “mente in fiamme”.
È la mia parola che dà fuoco al futuro
e dove voi vedete la Fine,
io vedo già nuova vita che palpita
e freme.
(Cassandra da “Tutto Brucia”)