GAD – IL FEUDATARIO
Festival02 Ottobre 2015
- Posto di platea e palco I e II ordine centrale €15, Comitive e giovani €12 Ridotto (under 19) €8, Posto di palco I e II ordine laterale e III ordine centrale €12, Comitive e giovani €10 Ridotto (under 19) €8, Posto di palco III ordine laterale e IV ordine centrale €10, Comitive e giovani €8 Ridotto (under 19) €6, Posto di palco IV ordine laterale €8, Comitive e giovani €6 Ridotto (under 19) €6, Loggione €6 Comitive e giovani €5
IL FEUDATARIO
di Carlo Goldoni
Regia di Roberto Puliero
COMPAGNIA LA BARCACCIA – VERONA
PERSONAGGI E INTERPRETI
NARDO – Roberto Puliero
ROSAURA – Giulia Vespertini
PANTALONE – Franco Cappa
BEATRICE – Kety Mazzi
FLORINDO – Marco Consolati
CECCO – Francesco Puliero
MENGONE – Giuseppe Vit
ARLECCHINO – Davide Valieri
PASQUALOTTO – Bruno Consolati
MARCONE – Giorgio Rosa
PANDOLFO – Giovanni Domaschio
GHITTA – Delia Lorenzi
GIANNINA – Sara Turata
OLIVETTA – Serena Vinco
IL CANCELLIERE – Marco Bagnara
SCENE – Gino Copelli
COSTUMI – Kety Mazzi
MUSICA ORIGINALE – Giuliano Crivellente
SARTA – Liliana Goroian
TECNICI LUCI E AUDIO – Claudia Stefani, Franco Sollazzo
FOTOGRAFIE – Fotoexpress
Lo spettacolo è il frutto della preziosa riscoperta di un testo goldoniano insieme misconosciuto e sorprendente, nato proprio in territorio veronese durante un breve soggiorno dell’Autore nel feudo di Sanguinetto, dov’egli era stato chiamato in qualità di Cancelliere “per redigere un processo verbale”: è qui che Goldoni, affascinato e incuriosito, incontra la pittoresca umanità dei contadini del luogo, e insieme la appassionante vicenda che farà da filo conduttore della commedia. L’eccezionalità del testo (datato 1752) è data dal fatto che, per la prima e unica volta all’interno del suo sconfinato repertorio, Goldoni rende protagonista d’una sua opera la categoria dei “villani”, sorridendo benevolmente della loro ingenua rozzezza, subito utilizzata a fini spettacolari, ma nel contempo sottolineando con ammirazione la loro capacità di riunirsi, di fare comunità, di difendere i propri diritti sino alla rivolta pur di liberarsi di antichi soprusi.
Ridicolmente convinto di poter ancora esercitare dei privilegi superati appare invece il vanesio marchesino Florindo, personificazione di quella nobiltà in declino contro cui Goldoni amava lanciare i suoi strali , denunciandone la perdita dei valori antichi qui limpidamente rappresentati, invece, dalla marchesa madre Beatrice, nobile d’animo prima che di nascita.
Il filo narrativo della trama vede a loro contrapposta, per una complessa lite sulla eredità del feudo, la giovane Rosaura, insieme dolce e puntigliosa orfanella dell’antico signore del luogo. Quando le incoscienti bizzarrie del Marchesino si spingeranno ad insidiare le donne del paese, la comunità dei villani non esiterà ad insorgere e a schierarsi apertamente dalla parte della fanciulla.
La commedia a quel punto velocemente scivola verso l’immancabile lieto fine, determinato insieme da saggezza popolare e nobiltà antica; ma, soprattutto, magicamente sintetizza un momento storico in cui il popolo prende coscienza di sè ribellandosi ad anacronistiche prepotenze.
La messinscena de “La Barcaccia”- è impreziosita dalla rielaborazione in volgare rustico della parlata dei villani, realizzata dallo studioso Marino Zampieri che ne ha meticolosamente ricostruito e reinventato il linguaggio attingendo al ricchissimo patrimonio letterario dell’area veneta. La parlata dei villani e il mirabile disegno di personaggi e situazioni insieme con-corrono così al trascinante divertimento della commedia, puntualmente garantito dal più straordinario inventore di teatro di ieri e, più che mai, anche di oggi.