SENZA HITLER
Gad73sabato 17 ottobre 2020
21:00
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Compagnia degli Evasi di Castelnuovo di Magra (SP)
di Edoardo Erba, regia di Alessandro Vianello
Scarso di impegno, talento insufficiente. Con questa motivazione Hitler non fu ammesso per ben due volte all’Accademia di Arti Figurative di Vienna nel 1907.
Certamente questo fallimento, dovette lasciare dei segni in una psiche per la quale qualsiasi insuccesso era ingiusto ed inaccettabile. La Storia ci ha, purtroppo, insegnato che voleva essere seguito senza condizioni e che era abilissimo a trovare seguaci disposti a farlo. Ma il suo talento artistico non fu riconosciuto. E quello fu un fallimento, senza se e senza ma.
Ma cosa sarebbe accaduto se, invece, il giovane Hitler fosse stato ammesso all’Accademia? Come sarebbe cambiata la storia? E come sarebbe stato un Hitler artista, invece che dittatore?
Edoardo Erba si pone queste domande. E lo fa in un testo appassionante e drammaturgicamente molto ben costruito. L’autore pavese è considerato, a ragione, tra i talenti più brillanti della sua generazione. Nelle sue trame si intrecciano tutte le sfumature, dal giallo alla vena comica della commedia.
Ma in questo testo, non c’è traccia di leggerezza, l’atmosfera è solo e decisamente cupa, disperatamente senza speranza.
Dunque Hitler, nella dimensione parallela creata da Erba, è un pittore. Ma non è soddisfatto. Non ha mai raggiunto la grande fama, nonostante egli pensi assolutamente di meritarla. Sono gli altri che non riconoscono il suo enorme talento, sono i galleristi, guarda caso, ebrei che gli impediscono di arrivare al successo.
Per questo è arrabbiato e sproloquia del suo “folle sogno” di limitare la sopravvivenza ad una razza “unica e pura”. E qui fa paura, anche, se a ben vedere, questo Hiler è un uomo piccolo piccolo.
E’ furioso, pieno di livore contro l’arte degenerata del 900, contro il mondo che non gli ha dato ciò che, secondo lui, aveva diritto di avere. Accanto a lui una modella Eva Braun, che è anche schiava e vittima delle sue ossessioni.
E dipinge. Dipinge quadri cupi, pieni di oscurità. Dipinge quello che nella nostra dimensione ha fatto: guerra, distruzione, massacri, camere a gas.
A sessant’anni, quando sta per emergere dall’anonimato dopo una vita di frustrazioni artistiche, viene intervistato da una giovane giornalista emergente che attraverso le sue domande lo incalza, tenta di metterlo di fronte al suo fallimento e soprattutto, seppure non fino in fondo, comprende l’oscurità che si nasconde dietro quell’ometto.
Per lui, anche in dimensione parallela è troppo. Ed a questo punto Erba dà una risposta alle domande cui poc’anzi accennavamo. Una risposta che porta ad un epilogo inaspettato e che colpisce lo spettatore come una lama affilata.
La giornalista si chiama Anna Frank e non esiste una dimensione in cui la giovane possa coesistere con Hitler. Dunque realtà e fantasia trovano il loro punto di intersezione attraverso la follia del protagonista.Un pittore mediocre al posto del dittatore ma, comunque, un pazzo assassino.