COMPAGNIA SCIMONE SFRAMELI
di Spiro Scimone
con Francesco Sframeli, Spiro Scimone
Gianluca Cesale, Giulia Weber
regia Francesco Sframeli
scena Lino Fiorito
disegno luci Beatrice Ficalbi
produzione Compagnia Scimone Sframeli
in collaborazione con Théâtre Garonne Toulouse
Premio Ubu 2016
Miglior novità italiana o progetto drammaturgico
Miglior allestimento scenico
Nomination Miglior spettacolo
Dai, amore, dammi un bacio sulle labbra!
Dammi un bel bacio sulle labbra!… (pausa)
Come da giovani, amore… Come quando eravamo giovani, amore!
Con Amore la Compagnia Scimone Sframeli prosegue il proprio percorso drammaturgico ai bordi dell’umanità, all’interno di non luoghi, dove i personaggi non hanno nome e sono “tutti vecchietti”.
In scena due coppie: il vecchietto e la vecchietta, il comandante e il pompiere. Quattro figure che si muovono tra le tombe. La scena è, infatti, un cimitero.
Il tempo è sospeso, forse, stanno vivendo l’ultimo giorno della loro vita.
Dialoghi quotidiani e surreali, ritmi serrati che intercettano relazioni, attenzioni e richieste fisiche che celano necessità sul limite tra la verità e la tragedia del quotidiano. L’Amore è una condizione estrema e, forse, eterna.
Un gioiello fatto di nulla, da non perdere.
Anna Bandettini, “la Repubblica”
Scimone è il maggior drammaturgo italiano in attività.
Franco Cordelli, “Corriere della Sera
Il loro raffinatissimo teatro post-beckettiano, post-siciliano, post-esistenziale riesce a fondere con rara delicatezza la comicità e la grazia poetica, la cattiveria e la tenerezza, unite a un acre sguardo sul presente.
Renato Palazzi, “Il Sole 24 Ore”
Spiro Scimone, drammaturgo di purezza assoluta (lui si considera “un artigiano della parola”) a voiluto dedicare Amore a quel sentimento misterioso del quale non capiamo molto, se non forse alla fine della vita. Ci ha messo due anni per scirvere questa sua nuova opera. Dopo di che l’ha consegnata al suo compagno s’arte, il regista Francesco Sframeli, e allo scenografo-artista Lino Fiorito, che hanno creato con segni essenziali un mondo di rovinosa e radiosa umanità.
Katia Ippaso, “Il Venerdì di Repubblica”