Spettacoli

OTELLO

Danza

21 Ottobre 2016

Teatro Rossini

- Posto unico settore A €27 Ridotto €21, Posto unico settore B €24 Ridotto €18, Posto unico settore C €20 Ridotto €14, Posto unico settore D €16 Ridotto €12, Posto unico settore E €10, Loggione €7,50, Ridotto valido per under29, over65, iscritti scuole danza e convenzionati vari

BALLETTO DI ROMA
FABRIZIO MONTEVERDE

+ masterclass gratuita
per gli allievi delle scuole di danza della città

Balletto di Roma
direzione artistica Roberto Casarotto
Luciano Carratoni presenta

nel ruolo di Otello Josè Perez
coreografia Fabrizio Monteverde
musiche Antonin Dvořák
scene Fabrizio Monteverde
assistente alle coreografie Sarah Taylor
costumi Santi Rinciari
light designer Emanuele De Maria
costumi realizzati da Sartoria Tailor’s & Co. di Spatafora Angela Liana

Una delle produzioni più di successo del Balletto di Roma a firma di uno dei migliori autori italiani di danza contemporanea torna in scena nella versione originale della compagnia romana.
Dopo la fortunata ripresa per il Corpo di Ballo del Teatro di Corte San Carlo di Napoli (febbraio 2015), Fabrizio Monteverde riallestisce per la compagnia del Balletto di Roma l’Otello su musiche di Antonin Dvořák. In questa versione, il coreografo rivisita il testo shakespeariano lavorando sugli snodi psicologici che determinano la dinamica dell’ambiguo e complesso intreccio tra i protagonisti Otello, Desdemona e Cassio. In questo triangolo (mai equilatero) di rapporti, i tre vertici risultano costantemente intercambiabili, grazie sì agli intrighi di Iago, ma ancor più alle varie maschere del “non detto” con cui la Ragione combatte – spesso a sua stessa insaputa, ancor più spesso con consapevoli menzogne – il Sentimento. L’ambientazione costante in un moderno porto di mare (un dichiarato omaggio agli sgargianti fotogrammi fassbinderiani di Querelle de Brest) chiarisce e amplia l’intuizione di base: se Otello è – come è sempre stato – un “diverso”, un outsider, non tanto per il colore della pelle quanto per il suo essere “straniero”, abituato ad “altre regole del gioco”, è anche vero che la banchina di un porto è una sorta di “zona franca”, un limbo in cui si arriva o si attende di partire, un coacervo di diversità in cui tutte le pulsioni vengono pacificamente accettate come naturali e necessarie proprio per il semplice fatto che lì, nel continuo brulicare del ricambio umano, lo straniero, il diverso o il barbaro smettono di esistere. La stessa forte presenza del mare (che non viene relegato, come nel testo di William Shakespeare, ad un suggestivo sfondo per una Venezia o una Cipro genericamente esotiche e di parata) suggerisce i segreti, gli ininterrotti moti delle passioni con la loro tempestosa ingovernabilità, gli slittamenti progressivi e inevitabili nei territori proibiti del Piacere, della Gelosia e del Delitto. Precoce dramma romantico (e di ciò ne danno testimonianza l’entusiastico giudizio di Victor Hugo e il melodramma di Giuseppe Verdi), l’Otello ben si presta alla lettura provocatoria ed eccessiva elaborata da Monteverde, in cui anche certe forzature enfatiche di Dvořák trovano una loro pertinente e salutare collocazione fungendo spesso da sottile contrappunto ironico (verrebbe da dire brechtiano) all’azione dei personaggi.
Riccardo Reim